Come convincere il cliente che hai fatto un buon lavoro

Cosa trovi qui:
13 regole da seguire quando presenti il tuo lavoro ad un cliente. Regole come ad esempio:
- Metti da parte il desiderio di diventare “amico” del cliente
- Impegnati per ispirare fiducia, è la tua risorsa più preziosa
- Non iniziare l’incontro scusandoti per quello che non sei riuscito a fare
- Non fare il tour della casa, sali invece di livello e vendi come ritieni di essere riuscito a raggiungere il goal condiviso
… e altre 9 regole che ti aiuteranno a diventare un professionista più professionale.
Che tu scriva, disegni, progetti – o in ogni caso se hai una professione creativa – sai bene che non è sufficiente “fare il lavoro”.
Il lavoro devi anche venderlo, cioè devi sempre convincere il cliente che hai fatto un buon lavoro.
Ricapitolando ci sono due step fondamentali:
- fare un buon lavoro
- convincere il cliente che hai fatto un buon lavoro
Si tratta di due attività fondamentali e se viene meno anche solo una delle due il rapporto con il cliente rischia di crollare.
“Un lavoro fatto bene si vende da solo”
Purtroppo no. Le buone idee non sono sempre ovvie e VENDERE è una delle abilità più difficili che spesso non ci insegna nessuno.
Devi vendere il progetto prima di firmare l’accordo per iniziare il lavoro ma anche dopo devi continuare a vendere quello che hai realizzato per convincere il cliente che effettivamente hai fatto un buon lavoro.
Dopo “Fuck You Pay Me” e le regole per un contratto da freelance efficace, torna a darci una mano Mike Montero e ci spiega quali sono i 13 errori capitali da evitare per convincere il cliente che abbiamo fatto un buon lavoro.

Se vuoi ascoltare il suo speech originale lo trovi qui, però dura un’ora quindi forse è più pratico continuare a leggere.
Pronto?
Ok partiamo dal primo errore capitale.
1. Desideri diventare “amico” del cliente
Sei stato chiamato per risolvere un problema professionale: aumentare le vendite con un nuovo sito oppure trovare il modo più funzionale per ristrutturare un appartamento.
E ti hanno scelto perché tu sei un’esperto in quello che fai. Ai loro occhi la tua unicità consiste nella tua capacità di risolvere quel problema.
In pratica sono convinti:
- di avere un problema
- che tu puoi risolvere
Non ti hanno chiamato per diventare tuoi amici o per “farli felici”. La felicità del cliente è spesso un effetto collaterale di un lavoro fatto bene, non il tuo obiettivo ultimo.
Il cliente ti ha chiamato per aiutarlo a raggiungere un obiettivo e se in seguito ti chiede cose che – a tuo parere – vi allontanano da quell’obiettivo sei pagato anche per convincerlo che si tratterebbe di un errore.
Devi presentarti come l’esperto che hanno assunto. E se questo significa avere una conversazione spiacevole, meglio averla nelle prime fasi del lavoro, piuttosto che rimandarla a 2 mesi dopo, quando probabilmente sarà molto più difficile.
Un professionista a volte deve dare notizie spiacevoli.
Un meccanico, un dentista, ti devono dire se c’è un problema, non evitano l’argomento per non ferirti. Tu devi fare lo stesso.
Esempio classico: se il cliente ti chiede di fare il logo più grande devi fargli capire che non aiuta i potenziali clienti a vedere meglio l’offerta (a meno che non si tratti di una marca di occhiali che si rivolge ad un pubblico di miopi).
2. Non ti sei impegnato per ispirare fiducia
Come dicevamo se ti hanno scelto per un lavoro vuol dire che sanno di avere un problema e pensano che tu possa risolverlo.
Ogni interazione con il cliente deve servire per rafforzare la sua fiducia di avere fatto la scelta giusta a prendere te.
Ogni interazione è un’opportunità per questo.

Ogni telefonata, ogni piccolo problema che si incontra, ogni email che vi scambiate è un’occasione preziosa.
Se sei un freelance, ispirare fiducia è parte del tuo lavoro.
E la fiducia non serve solo a te per stare meglio, serve soprattutto al cliente per sentirsi nelle mani giuste.
Pensaci: questa persona aveva una sola possibilità per realizzare questo progetto e ha scelto proprio te! E più lui si fida di te, più ti lascerà fare il tuo lavoro in pace.
Se non sei convincente quando presenti il tuo lavoro, il cliente non si sentirà al sicuro e ti darà da fare mille revisioni di lavoro successive, semplicemente perché farà molta più fatica a convincersi che il lavoro realizzato è soddisfacente.
La fiducia reciproca è un meraviglioso lubrificante delle relazioni umane. In mancanza di questo sarà molto più difficile raggiungere l’obiettivo finale.
3. Hai iniziato l’incontro scusandoti
“Innanzitutto scusate se non sono riuscito a sviluppare interamente la proposta ma la scorsa è stata una settimana davvero frenetica…”
Ogni volta che presenti il tuo lavoro ed inizi dicendo che quello che mostrerai “non ti soddisfa appieno perché [il tempo era poco / sei stato malato/ inserisci-qui-altro-motivo-random]” stai spaventando il tuo cliente (Mike direbbe che lo stai facendo c****e sotto).
Ogni volta che ti scusi inutilmente stai dando al tuo cliente una ragione per non avere fiducia in te.
Non importa quanto speravi di presentare, nel momento in cui incontri il cliente quello che hai fatto è la quantità perfetta di lavoro.
Considera anche che il cliente – da non esperto in materia – ha una percezione diversa sul lavoro che svolgi. Spesso quella che tu rilevi come mancanza per lui è qualcosa di completamente superfluo.
Se davvero non sei soddisfatto del lavoro fatto per un incontro cancella l’appuntamento. Non farai perdere tempo al cliente e soprattutto non intaccherai la sua fiducia nei tuoi confronti.
4. Non hai preparato l’incontro
A nessuno piace perdere tempo quindi inizia l’incontro chiarendo alcune cose:
1. perché siamo qui?
Chiarisci cosa dovrete decidere e ribadisci perché sono stati invitati: in quanto esperti e necessari per le decisioni da prendere. A loro piacerà un sacco!
2. quando ce ne possiamo andare?
C’è un goal da raggiungere? Ad esempio: l’approvazione della proposta.
Chiariscilo fin dall’inizio e nel momento in cui viene raggiunto chiudi il laptop e rendi evidente che per te l’incontro è concluso. E’ inutile perdere tempo, in più c’è il rischio concreto di generare confusione sulla decisione che è appena stata presa.
5. Hai fatto il tour della casa
A seconda di quale sia la tua professione “vendere” il lavoro fatto può significare:
- presentare il design dell’homepage di un sito
- presentare la planimetria di un appartamento
- presentare le grafiche di alcuni banner pubblicitari
Un modo per presentare queste cose è quello di mostrarle a schermo e poi fare il mitico tour della casa di OGNI elemento (ci siamo passati tutti).
Ad esempio con il design di una pagina web:
“Allora in alto a destra ho messo il logo, poi a fianco troviamo il menù con le sezioni del sito, poi c’è il box per l’iscrizione alla newsletter con il relativo bottone di invio, sotto si trova la galleria delle immagini..”
Il tour della casa di TUTTO quello che hai fatto…è super-noioso!
Sali di livello.
Se rimaniamo nella metafora della vendita di una casa….la casa non la vendi mostrando i singoli mattoni, ma piuttosto facendo immaginare all’acquirente come sarà pratico e piacevole usare quella cucina e come sarà bello far crescere loro figlio in quel quartiere.

Vendi i benefici, vendi cosa hai fatto per raggiungere gli obiettivi del progetto, se il tuo cliente è un’azienda vendi come la tua proposta sarà in grado di fare un gran mazzo ai loro competitor e/o aiutarlo a fare pacchi di soldi (ok, forse esagero ma hai capito il concetto 🙂
Ogni scelta che hai fatto è basata su dettagli tecnici e spesso anche su dati numerici ma quando presenti mostra i benefici per il cliente, non annoiarlo su quello che è servito a te per raggiungere il risultato finale. Spiegagli i ragionamenti che hai fatto va bene, ma non ti perdere sui numeri e le tecnicalità.
6. Hai preso appunti invece di presentare
Prendere appunti aiuta il cliente a sentirsi ascoltato e aiuta te a preparare il lavoro da fare a seguito della presentazione.
Il problema è che se prendi appunti al computer non puoi farlo mentre stai presentando. In più prendere appunti ti obbliga a stare seduto ed avere davanti uno schermo aperto che spesso è una barriera fisica (e psicologica) nei confronti del cliente. Questo è tanto più vero quanto è grande la dimensione del tuo laptop.

Quindi se tu stai presentando l’ideale sarebbe far prendere nota a qualcun altro.
Altrimenti se sei da solo…un’alternativa valida e provare a prendere appunti su carta.
7. Non hai mostrato (reale) entusiasmo
Se pensi che il progetto che stai sviluppando non sia in grado di portare il cliente verso il successo…beh, questo doveva essere oggetto di una discussione avvenuta prima di iniziare il lavoro.
Se invece pensi che ci siano buone probabilità positive allora aiuta il cliente a raggiungere una convinzione simile!
Devi caricarlo e il modo migliore è mostrare che innanzitutto tu sei entusiasta, quindi mostra la passione che hai per il lavoro fatto.
Devi convincerlo che sei realmente convinto della proposta che hai creato per lui e la presentazione deve essere una specie di show.
E’ importante promuovere te, promuovere il lavoro che hai fatto e promuovere l’idea del cliente e la visione che quell’idea sarà un successo.
Se non fai tutto questo, rischi che il cliente inizi a pensare che…forse quell’idea non valeva la pena di essere sviluppata.
C’è un pensiero che devi assolutamente evitare che passi per la testa del cliente:
“m***a, nemmeno questa persona che sto pagando è entusiasta di questo progetto!”
Ahia!
Storia di vita vissuta
Nel 2008 insieme a Matteo siamo andati a San Francisco per contrattare con dei game designer la realizzazione di CriticalCity Upload, un progetto che era il nostro sogno e che dopo mille peripezie eravamo riusciti a farci finanziare. Si trattava di una commessa grossa, stavamo acquistando un lavoro di circa 50.000€ e mi ricordo ancora oggi una sensazione.

Dopo aver firmato l’accordo i nostri fornitori sprigionavano grande positività verso il risultato finale.
“It will be a huge success!”
dicevano.
E lo ribadivano nelle comunicazioni delle settimane successive.
Io li stimavo molto e sentire che loro erano convinti che insieme saremmo riusciti a fare un ottimo lavoro mi ha fatto sentire molto bene, visto che dopo aver staccato un assegno da 50.000€ i dubbi e le paure di aver fatto una scelta sbagliata vengono a chiunque…
8. Ti sei messo sulla difensiva
Tu non sei il tuo lavoro e il tuo lavoro non sei tu.
Ripeti con me:
Io non sono il mio lavoro.
Il mio lavoro non sono io.
Sono qui per risolvere problemi.
Il tuo lavoro non è una tua estensione o la tua personale espressione.
E’ il prodotto del tuo impegno per aiutare il tuo cliente a raggiungere il suo goal.
Le regole del gioco sono queste:
- Il cliente è libero di criticare il tuo lavoro e di dire se secondo lui sono stati raggiunti gli obiettivi.
- Tu sei libero di sostenere il contrario ma NON di rimanerci male o di offenderti per le critiche.
C’è una grossa differenza fra difendere il tuo lavoro e metterti sulla difensiva.
Quest’ultimo è un atteggiamento che avviene quando prendi le critiche al tuo lavoro come una critica personale.
Persone di valore lavorano male a volte.
Persone scarse fanno un buon lavoro a volte.
Quando il cliente esprime delle critiche sul tuo lavoro, ascolta. Non è questo il momento per ribattere ad ogni critica quanto piuttosto per stare in silenzio e ascoltare.
Una risposta immediata sembrerà sempre difensiva.
Lascialo finire di dire quello che sta dicendo e rispondi: “E’ un riscontro interessante. Fammici pensare e ti scrivo le mie riflessioni”
9. Ti sei messo a discutere i dettagli tecnici
Se ad esempio stai sviluppando un sito, al cliente non frega niente del nome del font che hai scelto di usare (e nel caso gli interessasse te lo dirà lui).
Si tratta di una scelta per la quale sei più che qualificato ad agire e non vorresti che fosse il cliente – con la sua ignoranza della materia – ad operare la scelta (il più delle volte sbagliata).
E allora perché sollevare la questione?
Spesso il cliente dice:
“io non ne capisco niente di [design/copywriting/social media/ ecc…]”
Tradotto questo significa:
“mi sto avventurando in un territorio che mi fa sentire a disagio”
Più entri in dettagli tecnici, più lui si sentirà a disagio perché sembra che stai chiedendo a lui di fare il TUO lavoro.
Il tuo compito è farlo rimanere nella sua comfort zone, facendo sì che i suoi bisogni e i suoi desideri sembrino sempre capiti e considerati.
Se chiedi opinioni su dettagli tecnici poi non ti lamentare quando riceverai risposta e tu non sei d’accordo!
“Ma quello non ci capisce niente di [design/copywriting/architettura/social media/ ecc…]!”
Esatto ed è per quello che ti sta pagando!
Quando presenti il tuo lavoro agganciati agli obiettivi e ai desideri iniziali che hanno definito il progetto.
I dettagli tecnici stanno A TE. Smetti di chiedere il permesso di fare il lavoro per cui sei stato assunto. Tieni il cliente concentrato sulla visione d’insieme, sull’obiettivo del progetto.
Non hai bisogno del suo aiuto per scelte tecniche su cui sei molto più qualificato tu.
Io e la mia insegnante di ginnastica
Io ho problemi di schiena e da qualche anno faccio ginnastica riabilitativa. La mia insegnante dell’anno scorso era molto brava, quella di quest’anno un po’ meno. Non che quest’ultima non conosca la materia…però è piuttosto evidente che non si sente sicura delle proprie capacità.
Ad ogni lezione se ne esce con frasi tipo:
“ora facciamo un [Feldenkrais/Mezièere/[inserisci qui un nome astruso a caso]?
…ok?”
Poi probabilmente si aspetta una risposta da parte nostra, del tipo “Sììììì!!”
Cosa che però succede raramente.
Ci sono due problemi:
- che cos’è un Feldenkrais?
se lo sapessi, se fossi un esperto mi farei la ginnastica a casa da solo! - perché me lo stai chiedendo?!?
perché mi chiedi se va bene fare questo esercizio? Mi aspetto che sia tu a guidarmi con una sequenza che risolverà i problemi della mia schiena…perché chiedi invece il mio parere?
Si tratta di un po’ di insicurezza personale, che ci sta, figuriamoci (pure io ho le mie!) Però l’effetto finale non è quello di far sentire i pazienti sicuri ed in mani esperte.
Non fare come la mia insegnante di ginnastica: non chiedere il permesso ai tuoi clienti di fare quello per cui hanno già deciso di pagarti.
10. Hai sottolineato che ci hai lavorato tanto
“Ci ho lavorato davvero tanto”
Smetti di valutare il tuo lavoro in base a quanto tempo ci metti.
Il cliente potrebbe innervosirsi a pensare che ti sta pagando 30 ore di lavoro per fare una cosa per la quale sembra che ci vogliano soltanto 30 minuti.
Ed in effetti magari è così, ci hai messo proprio 30 minuti!
Il cliente però non vede le altre 29 ore e mezza di lavoro di scarto che ci sono volute per arrivare a quei 30 minuti d’oro.
E non farti venire la tentazione di mostrargli gli scarti, tutte le alternative che hai creato e che poi hai deciso di scartare. Creeresti solo confusione e in questi casi è altissimo il rischio che poi il cliente scelga l’alternativa che per te era la peggiore. E’ matematico.
11. Hai reagito alle domande come fossero richieste di modifiche
“Perchè quell’elemento è blu?”
“Oh, lo posso fare rosso!”“Perché il logo è piccolo?”
“Lo posso fare più grande!”
A volte il cliente esprime solo una domanda.
Proponendo subito di cambiare le cose, qualcosa che si poteva risolvere con una semplice risposta ora è diventato un problema.
Non solo: la fiducia del cliente nei tuoi confronti è diminuita perché se non difendi il motivo che ti ha spinto a fare quella scelta sembra che un motivo non ci fosse!
Ogni scelta che hai fatto ora è pronta per essere messa in discussione.
Ogni aspetto della tua proposta diventa fragile.
Semplicemente perché il cliente ha avuto l’audacia di fare una semplice domanda.
12. Non hai guidato il processo in cui chiedi un riscontro al cliente
C’è solo una domanda peggiore del “Cosa ne pensi?” (spoiler alert: la scopri sotto).
A volte i riscontri del cliente non sono quelli che vogliamo ed il più delle volte è perché non abbiamo chiesto al cliente su COSA volevamo un riscontro da lui.
Prova a guidarlo tu verso il tipo di riscontro che desideri.
Innanzitutto devi sapere tu per primo che tipo di riscontro vuoi dal cliente.
E poi a quel punto prova a guidare la presentazione in modo da portare il cliente verso quella direzione.
Ad un certo punto prova a dire esplicitamente:
“Questo è il tipo di riscontro che vorrei da te oggi”
Esempi di domande giuste:
“Quanto la mia proposta riesce a riflettere il tuo brand?”
“Quanto la proposta riflette i bisogni degli utenti che abbiamo discusso nella fase di ricerca?”
“Quanto riflette la vostra strategia pubblicitaria?”
Si tratta di risposte che solo il tuo cliente può dare, perché riguardano la sua materia, il suo campo. Sono le cose che hai bisogno di sapere per andare avanti e difficilmente ti verranno dette a meno che non le richiedi esplicitamente.
13. Hai domandato “ti piace”?
E’ lecito fare la fatidica domanda:
Ti piace?
…solo in pochissimi casi. Ad esempio quando la tua professione ha a che fare con aspetti puramente estetici (ad esempio sei una personal stylist) e quindi parte fondamentale del tuo lavoro è riuscire ad interpretare il gusto personale del cliente.
In tutte le altre evenienze appena pronunci questa domanda tutto il tuo lavoro fatto è andato immediatamente a quel paese.
Tutta la ricerca…persa.
Tutte le vittorie ottenute finora…perse.
Non sei più un esperto agli occhi del cliente.
Non sei più la persona alla quale si sentono fiduciosi di staccare un assegno.
Ti sei ridotto alla stregua di un bambino che mostra al papà il disegno del gatto, sperando che sia abbastanza bello perché possa essere appeso al frigo.
Tutte le scelte del progetto le avevi fatte sulla base delle tue esperienze tecniche, dei dati raccolti e di una ricerca seria…ed hai appena messo tutto questo alla mercé della domanda più personale che esista.
Hai appena aperto le porte alla soggettività.
E perché l’hai fatto?
Principalmente per paura. Perché in fondo in fondo vorremmo sempre che piacesse quello che abbiamo fatto. Il nostro lizard brain ci dice: “se il cliente mi sorride, vuol dire che non mi attaccherà”.
E il cliente è a disagio perché gli hai appena chiesto di giudicare del design, una attività che il più delle volte non ha mai fatto prima.
Ancora una volta gli stai chiedendo il permesso di prendere decisioni per le quali ti sta già pagando.
Perché pensi che se la proposta piace ti stringerà la mano alla fine dell’incontro e sarete amici. Ma nessuno ti ha chiamato per essere suo amico.
Il cliente non ti ha chiamato per fare qualcosa che “gli piace”.
Qualcosa che gli piace potrebbe essere qualcosa che non lo porta al successo (spesso è così).
Tu sei stato chiamato per risolvere un problema, un problema per il quale hai le conoscenze tecniche migliori per risolvere.
Ma nel momento in cui perdi di vista la tua responsabilità verso la soluzione per cui sei stato chiamato non stai più facendo il tuo lavoro.
Se vuoi fare il tuo cliente felice portalo verso il successo, non accontentarlo a tutti i costi per fartelo amico.
Quindi la prossima volta che presenti il tuo lavoro ad un cliente, ricorda:
- metti da parte il desiderio di diventare “amico” del cliente
- impegnati per ispirare fiducia, è la tua risorsa più preziosa
- non iniziare l’incontro scusandoti per quello che non sei riuscito a fare
- prepara bene l’incontro e rendi evidente perché siete lì e cosa dovete decidere
- non fare il tour della casa, sali invece di livello e vendi come ritieni di essere riuscito a raggiungere il goal condiviso
- se hai qualcuno che ti aiuta concentrati sulla presentazione e fai prendere appunti a lui
- mostra il tuo sincero entusiasmo verso il progetto, contagerai il cliente
- non metterti sulla difensiva, incassa le eventuali critiche ricevute in primo luogo ascoltando
- non discutere degli aspetti tecnici col cliente: non è il suo campo e rischi di confonderlo
- non citare il tempo che hai dedicato al lavoro fatto (e smetti di venderti ad ore)
- non reagire immediatamente ad eventuali domande come fossero richieste di modifiche, spiega piuttosto i motivi delle tue scelte
- chiedi al cliente un riscontro mirato su determinati elementi del lavoro ed infine…
- evita di domandare “ti piace” per proteggere il tuo lavoro da criteri puramente personali
Ringraziamo insieme Mike Montero, santo protettore di noi freelance.