Paolo Lorini: diventare freelance a 37 anni e scalare facendo rete con altri freelance

Spunti utili:
- come ha fatto Paolo a trovare la sua specializzazione (chè è particolare!)
- dove ha trovato la motivazione per mollare un lavoro di alto livello in una multinazionale
- perché ha senso crescere di dimensione (a prescindere dal ritorno economico)
- come Paolo ha fatto un salto di dimensione iniziando a gestire intere commesse
- cosa ti serve per fare questo salto (che non è per tutti)
La prima Conversazione Illuminante di Super Good Life è con
Paolo Lorini (www.paololorini.com), un amico da diversi anni e professionista di altissimo livello in un campo molto particolare, quello che interseca il mondo dell’impresa a quello del design.
Abbiamo scelto di partire con lui perché ha avuto l’intuito di seguire un percorso non convenzionale e perché sapevamo ci avrebbe regalato una miniera di spunti preziosi.
Non ci sbagliavamo: la miniera era così profonda che abbiamo dovuto dividere la spedizione in 3 puntate per restituirtela in modo digeribile!
Questa che stai leggendo è la prima puntata.
Parte I: Diventare freelance a 37 anni
(senza passare dal via)
Spiega il tuo lavoro alla zia sorda

Ti va di provarci?

La mia risposta è che aiuto aziende e designer a lavorare meglio insieme e a essere più felici.
Il tema della felicità è un tema che non utilizzo in modo esplicito per presentarmi, ma che sto esplorando molto da un paio d’anni a questa parte.


Il tema della felicità è molto presente nella testa e nel cuore delle persone.
In pratica cosa fai?


- “Strategy” per me significa, prima di un progetto, definire chiaramente un obiettivo e capire qual è la strada migliore per raggiungerlo.
- “Management” per me significa, durante un progetto, capire come gestire al meglio le tre dimensioni fondamentali che ne determinano il successo: le persone, il tempo e il denaro.
- “Communication” per me significa, per tutta la durata di un progetto, e ovviamente anche al termine, veicolare al meglio il valore generato insieme al team di lavoro, parlando il linguaggio del tuo interlocutore, invece che il tuo.
Io faccio tutto questo portando nel mondo del business, ovvero traducendo in termini adatti per l’impresa, processi, strumenti e cultura tipici del mondo del design.
Come hai fatto il salto da dipendente a freelance?

Mi piacerebbe capire come mai hai deciso di uscire dal mondo corporate con una posizione di alto livello, e perché hai deciso di fare il freelance

Ho lavorato 11 anni come dipendente prima di fare il freelance.
I primi 5 anni, dal 2000 al 2005, ho avuto l’opportunità di lavorare in Castelli Design, uno studio in cui un team super-selezionato di professionisti lavora su progetti di design e metadesign per grandi multinazionali.

Si tratta di una realtà consulenziale puramente B2B, quindi non conosciuta al grande pubblico, ma che ha una grandissima reputazione all’interno del mondo del progetto perché, sin dalla sua fondazione negli anni Settanta, ha sempre svolto un lavoro pionieristico sull’identità emozionale dei prodotti industriali.
Qui ho lavorato per 5 anni a strettissimo contatto con il fondatore e titolare dello studio, che considero il mio mentore, Clino Castelli. Con Clino ho sviluppato un prezioso rapporto di amicizia e stima reciproca che dura ancora oggi.
Nel 2005 sono entrato a far parte dello startup team di Samsung Design Milan, il nuovo design center creato dalla multinazionale sudcoreana a Milano.
Dal 2005 al 2011 ho lavorato lì prima come Senior Design Researcher e poi come Design Manager.
Questi 6 anni della mia vita professionale sono stati il complemento perfetto ai 5 anni precedenti: mi hanno permesso di comprendere come gestire efficacemente il processo di design da dentro un’azienda di proporzioni enormi.

All’inizio del 2011 all’età di 36 anni, mi sono reso conto che avevo capito bene una serie di cose del mondo degli studi di design, del mondo del progetto, del mondo dell’impresa e ho deciso che era il momento giusto per avviare la mia attività.
A fine marzo 2011 ho dato le dimissioni da Samsung e sono uscito dall’azienda, dove avevo una posizione fantastica, pur non avendo ancora alcun cliente da servire o progetto da svolgere.
Il giorno prima ero a tutti gli effetti un dipendente Samsung, totalmente concentrato sul business aziendale, il giorno dopo ero un libero professionista a caccia di clienti e di progetti.
Avevo però un’idea molto chiara di quello che volevo fare: il mediatore culturale tra il mondo del business e quello del design. Negli 11 anni precedenti avevo capito che c’era tantissimo bisogno di questo ruolo.

In meno di un mese, già durante il Salone del Mobile di metà aprile 2011, ho trovato il mio primo cliente, un importante studio di design milanese.
In maggio mi sono fatto un giro in moto per tutta l’Italia con tre amici e in giugno ho iniziato a lavorare al progetto per questo primo cliente, che mi ha portato in Cina tra settembre e ottobre dello stesso anno, in occasione di una straordinaria edizione della Beijing Design week.

È stato un progetto fantastico perché mi ha dato la possibilità di conoscere una realtà relativamente nuova per me: prima di allora ero stato solo due volte in Cina, ma non in occasione di un evento importante come la Design Week.
Tornato da Pechino, mi sono messo subito a cercare clienti e a dicembre ho firmato il mio primo contratto di consulenza annuale con un altro studio di design, che poi avrebbe costituito l’80% del mio fatturato del 2012.

Nel 2013 ho aggiunto un altro cliente importante al mio portafoglio per bilanciare meglio il mio fatturato e da quel momento in poi la mia attività è cresciuta costantemente.
La vera motivazione che mi ha spinto a lasciare un’azienda eccezionale come Samsung è stato il desiderio di scrivere la mia storia, di avere la possibilità di lasciare nel mondo un mio segno personale, di non dover seguire necessariamente copioni scritti da altri.
“Ho provato a inventarmi un ruolo ben specifico e a iniziare a verificare sul campo se le aziende e i designer lo consideravano utile e interessante, se ci trovavano del valore.”
Cosa ti ha aiutato a diventare freelance?

Ci hanno scritto tanti lettori di Super Good Life che sono dipendenti e hanno quest’idea che gli ronza in testa da tempo.
Pensano “un giorno farò questo salto”.
Spesso però questo giorno non arriva mai.
Tu per fare il salto, oltre alla tua convinzione, hai avuto il supporto di qualcuno che ti ha consigliato?
C’è stato qualcosa in particolare che ti ha aiutato? Ad esempio il fatto di mettere da parte risorse prima per riuscire poi ad affrontare un primo periodo difficile?

Innanzitutto la mia famiglia.
Tu immagina:
- due genitori investono vent’anni per far fare a un figlio tutto il suo percorso formativo
- questo figlio vive 5 anni di formazione lavorativa in un importante studio milanese
- poi lavora per 6 anni in una delle più grandi aziende del mondo, dove ricopre un ruolo che inizia a lanciarlo a livello internazionale
- di punto in bianco… questo stesso figlio decide di mollare tutto e ripartire da capo per conto suo!
Nonostante le perplessità iniziali, la mia famiglia ha finito per fidarsi di me.
La mia fidanzata di allora, invece, era felicissima della mia scelta, perché sperava che uscito dall’azienda io finalmente avrei lavorato solo di giorno invece che giorno e notte.
Samsung è molto esigente, come tutte le aziende che influenzano in modo profondo la nostra vita.
Prova a lavorare in GAFA (Google, Apple, Facebook, Amazon): credo non sia affatto differente!
Lei sperava che io, iniziando la mia nuova vita, riuscissi a lavorare qualche ora in meno al giorno.


Almeno all’inizio è stato proprio il contrario.
In azienda, in fondo, hai sempre delle sicurezze: a meno che tu non combini grossi guai, il tuo stipendio a fine mese te lo trovi sempre sul conto, soprattutto in Italia dove il dipendente è estremamente tutelato…
Fuori dall’azienda nessuno ti paga lo stipendio.
Se non lavori tanto e bene, a fine mese il conto in banca resta a zero e il mese dopo non mangi (o quasi). È talmente semplice che lo capisce anche un bambino!
In realtà secondo me è proprio una cosa che devi sentire dentro: non tutti sono portati per fare queste scelte.
Probabilmente c’è chi esce dall’università e inizia subito a fare il freelance perché non potrebbe mai e poi mai pensare di lavorare per altre persone, c’è chi invece lavora tutta la vita da dipendente, c’è chi fa prima l’una cosa e poi l’altra.
Non esiste una storia giusta o una storia sbagliata: ognuno semplicemente ha la propria storia.
Credo che nel mio caso l’elemento che mi ha convinto veramente a fare il salto sia stato il tempo che passava.
Io voglio fare un sacco di cose, ma la nostra vita è davvero brevissima.
Più passa il tempo, più cresce la nostra esperienza, ma diminuisce la nostra energia.
Io nel 2011 avevo 36 anni.
Da tutto quello che avevo studiato e capito del mondo dell’imprenditorialità, avevo ben chiaro che non si può partire con un’attività e sperare di ottenere un risultato immediato.
Sono necessari almeno 3 anni.
Io volevo superare con successo il traguardo dei 3 anni della mia nuova attività prima di diventare quarantenne.
Ho aperto la Partita IVA il primo Maggio del 2011 (la festa del lavoro!) e il primo maggio del 2014 avevo ancora 39 anni e qualche mese.
I primi 3 anni sono stati duri, ma la mia attività era avviata bene.
Avevo raggiunto il primo traguardo che mi ero posto.
Ce l’avevo fatta!
Ero estremamente felice: questo primo risultato mi ha dimostrato che avevo avuto ragione e mi ha spronato a pormi obiettivi sempre più ambiziosi.
Parte II: Come fare rete con altri freelance per prendere lavori grossi e scalare
Cosa ti motiva?

Tu in questo momento ti senti libero e complessivamente sei soddisfatto della tua attività?

La soddisfazione è sia quantitativa, nel senso che la misuro attraverso il numero e la qualità dei clienti e dei progetti che gestisco (elementi che hanno un impatto diretto sul mio fatturato), sia qualitativa, perché mi sento veramente felice di lavorare, e questa è una sensazione difficilmente descrivibile.
Io sento veramente di fare una cosa che mi rende felice, che mi fa stare bene: mi sveglio la mattina e non vedo l’ora di mettermi a lavorare!
Ovvio, non tutti i giorni sono così: ci sono progetti meno entusiasmanti di altri, ma raramente mi capita di pensare: “questa cosa proprio non mi piace, perché la sto facendo?”
Sono assolutamente convinto che la strada che ho trovato per il mio lavoro sia quella giusta per me e di voler andare avanti così.
Amo il senso di libertà insito nella possibilità di dire sì oppure no a un potenziale cliente.
Ho diversi parametri che mi guidano nella scelta dei progetti che voglio affrontare, e il ritorno economico immediato non è necessariamente più importante.
Fortunatamente posso scegliere di dedicarmi ai progetti che più mi affascinano, che mi permettono di imparare cose nuove, di crescere.
Aiutare le persone a svilupparsi attraverso l’insegnamento, ad esempio, è una dimensione che sento particolarmente mia.
Già a settembre 2011 ho avuto la fortuna di essere chiamato dall’allora Program Leader del Master in Business Design di Domus Academy per iniziare a insegnare.
Sin dal primo giorno di lavoro con gli studenti mi sono trovato benissimo e ho deciso che avrei fatto del mio meglio per sviluppare questa dimensione.

Nel tempo questa attività si è espansa, non solo a numerosi altri Master in Domus Academy, ma anche a NABA e ad altre scuole di design sia italiane che internazionali, con una predilezione per quelle sudcoreane.
Questa libertà di poter insegnare ce l’hai nel momento in cui puoi gestire il tuo tempo.
Perché continuare a crescere?

Io ti conosco, so che sei una persona che trae un sacco di soddisfazione dal proprio lavoro e dal fare le cose.
Sembra che non voglia fermarti mai, che pensi sempre al prossimo obiettivo, ma banalmente… tu vuoi che la tua attività cresca..perché?
Sei davvero convinto che più cresce quella, più cresce la tua felicità?

Credo infatti che il nostro lavoro abbia senso solo quando è misurato sul livello di gradimento delle altre persone, su quanto migliora la loro vita in termini concreti.
Crescere permette di fare progetti più importanti, di lavorare con aziende e persone sempre più interessanti.
In un certo senso, crescere permette anche di raggiungere l’obiettivo che proponete voi: fatturare di più e lavorare di meno.
Quando superi certe soglie puoi avere una visione più strategica della tua attività, puoi pianificare il prossimo anno invece che il prossimo trimestre, e questo cambia molto la tua prospettiva.
Fatturato a parte, quello che penso veramente è che noi esistiamo solo per stare con gli altri.
Il senso profondo del design è secondo me proprio questo: aiutare le persone a vivere meglio e a essere più felici.
Se esamini le storie di tutti i grandi designer che sono stati capaci di cambiare in meglio le nostre vite, troverai che hanno tutte proprio questo elemento in comune: hanno messo le altre persone al centro dei loro progetti.
Nel mio piccolo,voglio crescere perché credo che mi permetterà di avere un impatto positivo sulla vita di più persone.
Come sei salito di livello a progetti più grandi?


I primi 3 anni e mezzo ho lavorato soprattutto come Project Manager o Project Leader per agenzie, società di consulenza, studi di design.
In sostanza ero un manager a tempo che gestiva il cliente e il progetto conto terzi.
A partire dal 2015 il grande cambiamento è stato che ho iniziato a fare io da capo commessa, quindi a trovare io i clienti e impostare i progetti, per poi coinvolgere altri freelance e agenzie nel loro svolgimento.
Chiaramente, questa modalità di lavoro funziona molto meglio rispetto a quella precedente dal punto di vista della redditività, perché mi permette di gestire direttamente il budget che l’azienda mette a disposizione.
D’altra parte, ora mi devo fare carico di tutta la responsabilità di guidare il progetto nella direzione giusta.

Ovviamente mi sono dovuto fare spalle un po’ grosse per lavorare con aziende che hanno fatturati dai 100 milioni di Euro in su, che sono quelle con cui mi sto relazionando negli ultimi 2-3 anni.
Ho la fortuna di aver imparato bene come muovermi in queste situazioni nel periodo passato in Samsung e anche di poter contare, dopo alcuni anni di attività indipendente, su freelance e agenzie con cui c’è un’intesa consolidata.
Lavorare con aziende di queste dimensioni mi permette di acquisire progetti con budget interessanti, a cui deve corrispondere da parte mia e del mio team una consegna di valore elevato.
In futuro intendo sviluppare sempre più questo tipo di progetti con clienti sempre più grandi.
Questa mi sembra una strategia di crescita molto sana: meno clienti, ma migliori!
Fatturi tutto l’importo tu?


L’azienda tendenzialmente è felice di questa soluzione perché preferisce avere un referente unico.
Ma anche i freelance e le agenzie con cui collaboro si trovano bene con questo sistema.
Se c’è una capacità che penso di possedere è quella della negoziazione, un’arte molto complessa ma che mi affascina enormemente.
Una negoziazione impostata bene all’inizio del progetto rende tutti gli attori felici: il mio cliente sa di poter acquisire tanto valore al giusto prezzo, il mio team sa che sarà compensato puntualmente e quindi lavora al meglio e consegna con puntualità.
Per far funzionare perfettamente questo meccanismo, è fondamentale non solo negoziare il valore complessivo di un progetto, ma anche i suoi termini di pagamento, che hanno un impatto molto importante sul cashflow.
Normalmente riesco a ottenere pagamenti a 30gg fine mese, una condizione raramente concessa da aziende di grandi dimensioni, che hanno tendenzialmente un potere contrattuale elevato.
Il riscontro che ho dai freelance e dalle agenzie è che loro, lavorando con me, riescono ad acquisire progetti interessanti e per aziende importanti, e al tempo stesso a ricevere i loro compensi in tempi ben più rapidi rispetto a quando gestiscono i progetti direttamente con i loro clienti.
Per offrire questo servizio ai designer freelance e alle società, ho un’arma segreta: si chiama Carola!
Carola è la mia collaboratrice full-time maniacalmente precisa, che gestisce tutta la contabilità e amministrazione della mia attività in modo esemplare.
Il lavoro di Carola è un vero e proprio servizio per i freelance e le agenzie, perché li solleva da tutte le incombenze burocratiche e contabili del rapporto con il cliente e permette loro di concentrarsi solo sull’aspetto creativo del lavoro, ovvero ciò che li appassiona e motiva di più.
Una volta incassato ogni singolo pagamento da un cliente, Carola informa il freelance o l’agenzia, che emette fattura per la sua quota parte.
Io a mia volta effettuo il pagamento immediatamente, vista fattura, cosa che per un freelance o un’agenzia è sempre una bella sorpresa!
Questo sistema funziona molto bene e mi permette anche di negoziare con i freelance e le agenzie, che comprendono che lavorare con me significa non avere problemi, avere un professionista che garantisce per loro e che veicola correttamente il loro valore, e che permette loro di incassare i propri compensi in tempi estremamente ridotti.
In questo modo si genera una situazione di win win win: win per l’azienda cliente, win per il freelance o l’agenzia, e win anche per me!
Box didattico: avvertenze per fare il salto

Nel momento in cui smetti di essere il singolo professionista che viene contrattualizzato per fare un pezzetto di lavoro e incominci a fare da collettore per progetti più grossi e gestire la rete che sta sotto di te, a quel punto non sei più nella ruota del criceto.
Magari sei ancora nella gabbia, ma esci dalla ruota. Diventi quello che fa girare la ruota.
Incominci a portare a casa un po’ di valore, e decidi in prima persona come gestirlo.
E allora perché non lo fanno tutti?
Intanto perché devi esserti guadagnato la credibilità agli occhi del cliente per gestire un progetto grosso
Deve fidarsi che sei in grado di seguire il progetto dall’inizio alla fine e consegnarlo chiavi in mano.
Una cosa che richiede tempo, esperienza accumulata e progetti di successo realizzati eventualmente anche con altri clienti.
Come dice Paolo devi avere le spalle un po’ larghe. In termini di organizzazione (gestire la complessità), sangue freddo (gestire gli imprevisti) e di cuscinetto finanziario.
A volte per fare questo salto dovrai fare società con un altro amico/collega ed unire le forze. Sicuramente questo passo ti farà uscire dal regime dei minimi (nel bene e nel male).
E non è per tutti ovviamente: se tutti diventassero coordinatori e nessuno eseguisse…chi lo fa il lavoro?
Ma tu non sei “tutti” giusto?

Se hai trovato utile questa conversazione aspetta di vedere le prossime in cui parleremo di:
- Come trovare nuovi clienti su canali offline (muovendoti come un killer :))
- Come guidare il cliente nel processo di vendita: dal primo incontro al versamento dell’acconto
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